Sunday, January 24, 2010

Giustizia, lo stop di Bersani: «Una macchia indelebile»



Durissimo il commento del segretario
Pd sul processo breve.
«È una discriminazione». Sarà
battaglia in Parlamento ma anche
fuori dalle Aule. Orlando:
«Andremosul territorio a spiegare
ai cittadini di cosa si tratta».

«Una macchia indelebile» quella che
si è stampata l’altro giorno al Senato
con il voto sul processo breve. Indelebile
vuol dire che non va via, resta lì e
deturpa il tessuto su cui si adagia,
Stavolta è quello delle riforme, del
dialogo, del destino di tanti processi
e delle tante persone ad essi legati.
Vittime e rei. Per questo la prima preoccupazione
per il segretario Pierluigi
Bersani è quella di sgombrare il
campo da ogni minimo dubbio: sulla
giustizia nessun «inciucio», nessuna
apertura di credito verso il Pdl e la
maggioranza. «La mia posizione è
sempre stata chiara, fin dal congresso,
non ho maiavuto bisogno di sollecitazioni
», commenta mentre vola
verso Bari. «Se Berlusconi intraprenderà
qualunque iniziativa che non
sia nell’interesse del Paese ma nei
suoi interessi ci troverà di traverso»,
dice parlando alla maggioranza ma
forse togliendosi anche qualche sassolino
dalle scarpe. «Noi siamo un
partito riformista, il paese ha bisogno
di riforme, quindi solo di questo
siamo disposti a parlare, se il centrodestra
vuole le riforme peruna persona
se ne dovrà assumere la responsabilità
di fronte ai cittadini». Quanto
al dialogo, dal Senato «una macchia
indelebile»


«Siamo di fronte ad una discriminazione
palese», commenta Bersani riferendosi
al processo breve.Ealla Camera,
dove i tempi si annuncianomeno
veloci di quanto la stessa maggioranza
voglia far credere - lo stesso
premier ha interesse a far slittare a
dopo le elezioni - «potranno risultare
più chiari gli aspetti pratici di questa
norma. Chiari all’opinione pubblica,
agli italiani, e mi auguro quindi che
la battaglia alla Camera possa avere
qualche elemento in più di valutazione,
qualche giudizio in più, anche
perché qualcuno della maggioranza
dovrebbe riflettere». Dario Franceschini,
che nei giorni scorsi avevamostrato
parecchio fastidio verso le presunte
aperture di Luciano Violante all’immunità
parlamentare, ieri aMontecitorio,
è tornato sul punto: «Noi
dobbiamo chiudere su tutta la linea,
compresa ogni ipotesi di immunità».
Tocca ad Andrea Orlando, responsabile
giustizia del partito, durante il
suo intervento in Aula, segnare nero
su bianco un ulteriore irrigidimento
verso la maggioranza. Toni duri, durante
le dichiarazioni di voto, e ripetuti
applausi dai banchi del Pd, mentre
si rivolge al ministro Angelino Alfano
al quale peggio di così non poteva
andare: parlare alle Camera dello
stato della giustizia all’indomani dell’approvazione
del processo breve.

Epifani: colpo di spugna ai «delitti» sul lavoro



«Un’amnistia generalizzata
per tutti i processi sulla sicurezza sul
lavoro». A lanciare l’allarme è il segretario
generale della Cgil Guglielmo
Epifani e il segretario nazionale
della Fiom, Giorgio Cremaschi. «C’è
grande preoccupazione in Senato
del disegno di legge sul processo breve
- dice Epifani - . Il provvedimento
rischia di costituire un duro colpo
contro l’efficienza della giustizia in
Italia con la cancellazione, di fatto,
di un alto numero di processi fra i
quali quelli a carico dei datori di lavoro
che, per aver evaso le norme
sulla protezione della salute e della
vita dei lavoratori, sono stati rinviati
a giudizio per omicidio colposo. In
casi come questo le norme approvate
sono addirittura peggiorative del
testo precedente che, almeno, escludeva
tutti i processi in corso per reati
concernenti l’ambiente di lavoro».
Fra i processi a rischio estinzione ci
sono quelli contro le ecomafie e
contro imprenditori senza scrupoli
che hanno commesso reati a danno
dell’ambiente e della salute dei
cittadini e, fra l’altro, processi che
hannosollevato grande allarme sociale
ed economico con grande risonanza
internazionale,come quello
per la vicenda della Cirio.
«Invece di intervenire con importanti
risorse finanziarie per fornire
nuovi organici e mezzi tecnici,
e garantire così il diritto di tutti i
cittadini ad una giustizia giusta ed
efficiente, il governo e la sua maggioranza,
nei fatti, varano un’amnistia
perpetua e mascherata che cancella
un numero molto grande di
processi e cancella il diritto delle
vittime dei reati a vedersi riconosciuto
comunque, in una sentenza
di un giudice, il danno subito. Della
stessa opinione Giorgio Cremaschi:
«Il testo della legge, infatti,
cancella tutti i processi per gli infortuni
mortali avvenuti entro il
2006. Sono esclusi da questa misura
solo i processi Thyssenkrupp ed
Eternit perché, in questi due casi,
gli imputati sono accusati di aver
commesso reati la cui pena è superiore
a 10 anni di reclusione»

Processo breve: se si fosse presentato alle udienze

Approfittando dell’euforia generale
(ieri i boss della Camorra erano così
contenti che sono corsi a giocare
il 41 bis sulla ruota di Napoli), voglio aprire
un dialogo con Berlusconi. Un dialogo
costruttivo, leale, senza pregiudizi. Per cominciare,
sono d’accordo con lui: i processi
durano troppo, è uno scandalo! Prendete
il processo sui diritti Mediaset, dove
Berlusconi è accusato di aver gonfiato il
prezzo dei film stranieri per creare fondi
neri. Che accusa ridicola! Uno che utilizza
i soldi dichiarati al fisco per organizzare
feste con ragazze minorenni e escort poi
candidate in politica, con i fondi neri cosa
ci fa? È un’accusa infamante, e quel poveretto
di Berlusconi è ancora in attesa di
giudizio. La colpa di una così clamorosa
ingiustizianonpuò che essere di uncomunista.
Il processo, infatti, si sarebbe già
concluso se Berlusconi si fosse presentato
alle udienze, come aveva intenzione di fare.
«Mi difenderò in Tribunale!», aveva annunciato
a Porta a Porta, comunicando ai
giudici la prima data disponibile: il 18gennaio.
I magistrati fissano l’udienza in quella
data ma Berlusconi non si presenta.
Chi, senon uncomunista,può avergli consigliato
di adottareuna strategia che allunga
i tempi del processo? Con quali subdoli
argomenti lo ha convinto? Il processo si
sarebbe già concluso se qualcuno, evidentemente
comunista, non avesse preteso
che i giudici ascoltassero come testimoni
tutti i soggetti implicati nella compravendita
dei film: i manager della major hollywoodiane,
i registi, il cast, Batman, Robin
e il pesce Nemo. Non solo: lo stesso
«qualcuno» ha tentato di allungare i tempi
diun altro processo, chiedendo ai giudici
di ricominciare da capo le indagini su
Berlusconi per la corruzione di David Mills.
È per questo che mi rivolgo a Berlusconi
facendo nomi e cognomi: «Presidente,
apra gli occhi! Non vede che mentre lei fa
approvare il Processo Breve quel comunista
di Niccolò Ghedini fa di tutto per far
durare i processi all’infinito?».

Anomalia Nichi

Con quella zazzera grigia da ragazzo eterno,
con quella bella faccia tonda, con quegli occhi
cheammiccano allegri anche neimomenti
peggiori, Nichi Vendola, rassomiglia davvero
poco alla maggior parte del personale
politico di questo nostro sciagurato Paese
(avvocaticchi ampollosi, nullità logorroiche,
trafficanti di alleanze
e sudditanze). Non si
impone (e non ci impone)
né moglie e figli
, né giacca e cravatta.
Nessun conformismo,
niente ipocrisia.
Nonè il “maschio eterosessuale
bianco e anticomunista” (MEBA)
cui si offrono i posti più prestigiosi qui da noi
e lo dice. In compenso non si accoppia coi
trans tra una messa e l’altra e non propone
posti in giunta a qualche “signorina di scorta”
per pagarsi un po’ di sesso. Se decide di
raccomandare qualcuno è per il bene di tutti
e non per il suo. Se fosse una donna sarebbe
esattamente com’è: un’anomalia.

Con la testa e con i piedi

I lettori scrivono, i parenti chiamano dopo
tanto tempo, gli amici mandano un sms, i
genitori si fermano fuori dalla scuola dei
figli, la gente al mercato si avvicina per parlare.
Domandano che facciamo, che possiamofare.
Sono stanchi, tutti, ma non abbastanza
da non chiedere più. Sono scoraggiati:
da quel che accade ma anche dalle incertezze
di chi dovrebbe combatterlo. Dalle
divisioni dell’opposizione più che dalle ruberie
e dall’indecente arroganza di chi governa
per una ragione semplice: in un caso te lo
aspetti, nell’altro meno e speri che chi deve
parlare ritrovi la voce. Speri ancora, diciamo,
perché si sa che la speranza a logorarla si
consuma. Sono comunque in rivolta: una
rivolta morale che chiede di esprimersi.
Verrebbe da rispondere che bisogna esprimerla
col voto, ma certo questa lunghissima
campagna elettorale e le lotte di potere, per
molti incomprensibili, che abbiamo visto al
suo avvio non aiutano. Le campagne elettorali
sono rivolte per definizione ai cittadini:
sarebbe meglio coinvolgerli per tempo. Non
ci si può limitare a chiedere il voto nell’urna,
bisogna esserci sempre. Con le proposte,
coi programmi, con le battaglie, con l’indignazione
quando serve. Oggi serve. A chi si
ostina a dire che le questioni della giustizia
non sono una priorità bisogna spiegare che
invece sì, lo sono e mostrare perché. Bisogna
ripetere all’infinito che nel paese dei più
furbi vincono sempre i più forti. Che si diventa
sudditi, così. Spiegare le conseguenze
economiche delle furbizie di governo. Chi
paga sempre, chi non paga mai. E tornare a
mobilitarsi nelle forme antiche e in quelle
nuove. Firmare appelli non basta. Bisogna
tornare a trovarsi fisicamente nei luoghi,
discutere, raggiungere le persone non interessate
o distratte e parlare con loro. Va
bene Internet ma poi servono le gambe per
andare e le mani per stringerne altre. La
cartolina che Staino ha disegnato per noi è
un invito a spedirla: non sembra diverso dal
firmare un appello ma a ben guardare lo è.
Bisogna ritagliarla con le forbici, metterla in
una busta e uscire ad affrancarla, incontrare
persone nel tragitto, stare per strada. Parlare
con chi si incontra, magari. Anche una
persona a testa. Ricominciare dal proprio
quartiere. Ascoltare, rispondere.
In Calabria qualcuno esce. Lascia pistole e
bombe in una macchina sulla via del Capo
dello Stato in visita per la giornata della
Legalità. Per avere legalità tutti i giorni bisognerebbe
che quando la ’ndrangheta mette
bombe davanti ai tribunali e vicino agli aeroporti
ci fosse qualcuno che vede. Certo,
hanno tutti paura. Però se fossero in molti,
gli italiani che guardano, chi non vuole essere
visto avrebbe vita meno facile. Se fossero
molti quelli che dicono vergogna persino
chi non la conosce si sentirebbe meno al
sicuro.
Per darci sollievo con un invito, anzi due.
Leggete i racconti scritti da Giorgio Caproni
per l’Unità negli anni 40, li abbiamo recuperati
dai nostri archivi oggi che sono vent’anni
che ci manca. Se potete, andate a vedere
“L’uomo che verrà”, il film su Marzabotto di
Giorgio Diritti. Esce stasera al cinema: anche
quello è una poesia, una boccata di verità. Ci
si sente meglio, dopo.