Sunday, January 24, 2010

Con la testa e con i piedi

I lettori scrivono, i parenti chiamano dopo
tanto tempo, gli amici mandano un sms, i
genitori si fermano fuori dalla scuola dei
figli, la gente al mercato si avvicina per parlare.
Domandano che facciamo, che possiamofare.
Sono stanchi, tutti, ma non abbastanza
da non chiedere più. Sono scoraggiati:
da quel che accade ma anche dalle incertezze
di chi dovrebbe combatterlo. Dalle
divisioni dell’opposizione più che dalle ruberie
e dall’indecente arroganza di chi governa
per una ragione semplice: in un caso te lo
aspetti, nell’altro meno e speri che chi deve
parlare ritrovi la voce. Speri ancora, diciamo,
perché si sa che la speranza a logorarla si
consuma. Sono comunque in rivolta: una
rivolta morale che chiede di esprimersi.
Verrebbe da rispondere che bisogna esprimerla
col voto, ma certo questa lunghissima
campagna elettorale e le lotte di potere, per
molti incomprensibili, che abbiamo visto al
suo avvio non aiutano. Le campagne elettorali
sono rivolte per definizione ai cittadini:
sarebbe meglio coinvolgerli per tempo. Non
ci si può limitare a chiedere il voto nell’urna,
bisogna esserci sempre. Con le proposte,
coi programmi, con le battaglie, con l’indignazione
quando serve. Oggi serve. A chi si
ostina a dire che le questioni della giustizia
non sono una priorità bisogna spiegare che
invece sì, lo sono e mostrare perché. Bisogna
ripetere all’infinito che nel paese dei più
furbi vincono sempre i più forti. Che si diventa
sudditi, così. Spiegare le conseguenze
economiche delle furbizie di governo. Chi
paga sempre, chi non paga mai. E tornare a
mobilitarsi nelle forme antiche e in quelle
nuove. Firmare appelli non basta. Bisogna
tornare a trovarsi fisicamente nei luoghi,
discutere, raggiungere le persone non interessate
o distratte e parlare con loro. Va
bene Internet ma poi servono le gambe per
andare e le mani per stringerne altre. La
cartolina che Staino ha disegnato per noi è
un invito a spedirla: non sembra diverso dal
firmare un appello ma a ben guardare lo è.
Bisogna ritagliarla con le forbici, metterla in
una busta e uscire ad affrancarla, incontrare
persone nel tragitto, stare per strada. Parlare
con chi si incontra, magari. Anche una
persona a testa. Ricominciare dal proprio
quartiere. Ascoltare, rispondere.
In Calabria qualcuno esce. Lascia pistole e
bombe in una macchina sulla via del Capo
dello Stato in visita per la giornata della
Legalità. Per avere legalità tutti i giorni bisognerebbe
che quando la ’ndrangheta mette
bombe davanti ai tribunali e vicino agli aeroporti
ci fosse qualcuno che vede. Certo,
hanno tutti paura. Però se fossero in molti,
gli italiani che guardano, chi non vuole essere
visto avrebbe vita meno facile. Se fossero
molti quelli che dicono vergogna persino
chi non la conosce si sentirebbe meno al
sicuro.
Per darci sollievo con un invito, anzi due.
Leggete i racconti scritti da Giorgio Caproni
per l’Unità negli anni 40, li abbiamo recuperati
dai nostri archivi oggi che sono vent’anni
che ci manca. Se potete, andate a vedere
“L’uomo che verrà”, il film su Marzabotto di
Giorgio Diritti. Esce stasera al cinema: anche
quello è una poesia, una boccata di verità. Ci
si sente meglio, dopo.